Considerazioni attorno alla lotta per l’ex Pavan
La lotta portata avanti da un anno e mezzo dal Comitato “Insieme per San Giacomo” assieme alla rete solidale “Campo Libero” ha imposto al dibattito cittadino la questione della destinazione dell’area dove una volta c’era la trattoria Pavan con annesso giardino.
Quella che doveva essere solo una piccola questione, di un singolo rione, è diventata l’ennesimo caso politico che vede contrapposta la giunta comunale ai comitati popolari e a una fetta crescente della popolazione.
La vicenda di via Frausin è identica a quella di altre situazioni in giro per la città: progetti più o meno megalomani, calati completamente dall’alto, nessun ascolto delle istanze dal basso (dobbiamo riconoscergli una certa coerenza, non fanno neanche finta come anni fa), nessun ripensamento manco di facciata. A palazzo Cheba sono convinti di governare con una sorta di mandato imperiale.
Non avendo mai avuto nessuna fiducia nelle istituzioni, non ci stupiamo troppo di questo, ma dobbiamo ammettere che l’attuale giunta sta facendo di tutto per superare sempre nuovi record di arroganza e autoritarismo: era una gara difficile ma il primo premio ormai non glielo leva nessuno.
Quella che sta finalmente cambiando è la volontà di opporsi, di organizzarsi collettivamente, di provare a resistere assieme per costruire una città diversa.
Il sorgere in tanti rioni di comitati cittadini, ma anche di altre realtà collettive su singole tematiche, sta facendo fare un salto di qualità alle lotte in città.
Crediamo che i primi passi, specie in questo ultimo anno, siano stati significativi.
Stanno nascendo reti solidali e di mutuo appoggio, e le azioni collettive stanno iniziando a mettere in difficoltà l’avversario di turno, sia esso il Comune, l’Asugi o la Regione.
Raccolte firme, appelli, conferenze stampa, ricorsi legali, pur essendo strumenti da utilizzare e che non vogliamo certo liquidare come inutili, da soli non bastano.
Per impensierire veramente chi vuole imporci una città mercificata, totalmente asservita solo al turismo di massa, in cui sta bene solo chi ha i soldi per pagarsi servizi sociali e sanitari sempre più carenti e sempre più privatizzati, occorre mobilitarsi nelle strade e mettersi in mezzo praticando l’azione diretta, nelle forme il più possibile collettive e condivise.
Le azioni di disturbo dei carotaggi per l’ovovia in autunno, l’occupazione del consultorio di via San Marco in novembre e il blocco per un giorno del cantiere di via Frausin sono un bel segnale per le lotte in città.
Non vogliamo certo mitizzare né sovrastimare questi momenti, ma vogliamo provare a coglierne il senso profondo: disturbare concretamente i manovratori è possibile.
Tutte queste azioni si collocano all’interno di percorsi collettivi di lotta che vedono una partecipazione ampia e trasversale, una ricchezza che va custodita e valorizzata.
Le vertenze si possono vincere riuscendo a essere in tanti e tante (cosa assolutamente fondamentale), costruendo allo tempo stesso, comunità di lotta basate sulla solidarietà e l’autoorganizzazione.
L’azione diretta messa in campo dal compagno l’altro giorno in via Frausin, non è un atto “eroico”, è solo un esempio concreto delle cose che insieme collettivamente possiamo realizzare.
Stiamo accumulando esperienze, ampliando le relazioni fra le persone, aumentando la fiducia in quello che possiamo fare.
Così come la vicenda dell’ex Pavan non si è certo chiusa con la frettolosa demolizione dello stabile, anche tutte le altre lotte sono ancora lì sul tappeto.
Chi governa la città, dietro la sua sfrontata arroganza, dà sempre più segni di nervosismo.
Sta a tutte e tutti noi fare in modo che il benessere delle persone e dell’ambiente siano finalmente una realtà al centro di una città davvero solidale e inclusiva.
“Prendiamo i nostri desideri per realtà perché crediamo nella realtà dei nostri desideri”(Parigi – muri della Sorbona 1968)
Gruppo Anarchico Germinal