Siamo stati Noi, Siamo stati Tutt* // presidio

Siamo complici del Collettivo UP!

Il Rettore dell’Università di Trieste, Maurizio Fermeglia, si è di recente distinto per l’avvio di un procedimento disciplinare nei confronti di tre militanti del Collettivo Up, per una serie di iniziative promosse negli ultimi anni all’Università. Rivendichiamo pubblicamente e con forza la nostra solidarietà e complicità nei confronti de* militanti del Collettivo e rigettiamo completamente il tentativo di personalizzare e ridurre a mera questione di “ordine pubblico” quelle che sono istanze politiche e di resistenza. Non solo tant* di noi hanno partecipato a molte di quelle iniziative, ma le abbiamo anche sostenute in maniera attiva. Abbiamo spostato panche e tavoli, montato impianti e messo musica, parlato durante le assemblee, mangiato e dato da mangiare, affisso striscioni…E lo abbiamo fatto come singol* e collettivamente, assieme a molte altre persone e ad altre realtà politiche, sia universitarie che non, che condividono la voglia del Collettivo Up di rompere il clima di passività e rassegnazione che regna all’Università, proponendo iniziative pubbliche di discussione su temi importanti – razzismo, femminismo e solidarietà ai popoli oppressi fra i tanti- e momenti di socialità non subordinata alle logiche di mercato.
Eravamo al loro fianco e lo saremo ancora, perché pensiamo che le Università, e non solo, debbano essere luoghi pubblici e aperti in cui la creatività di chi le vive tutti i giorni possa esprimersi liberamente e non essere ostacolata e repressa.


Gruppo Anarchico Germinal

Pochi giorni fa, tre militanti del Collettivo UP hanno ricevuto l’avviso dell’avvio di un procedimento disciplinare a loro carico.

A essere messo sotto accusa è l’intero percorso politico del Collettivo all’interno dell’università, dal primissimo presidio nell’autunno 2015 fino al festival Mestizaje di due settimane fa.
Il tentativo di ridurre a questione di ordine pubblico e decoro dell’ateneo questo percorso, che è riuscito ad aprire spazi universitari a una moltitudine troppo spesso esclusa, è un’azione che evidenzia una volta di più il tentativo di gestione dispotica dell’università.
Inoltre, non possiamo accettare che a un processo politico collettivo, che ha coinvolto centinaia di persone tra studenti e non, si tenti di rispondere individualizzando delle responsabilità che certo non possono essere addossate a singole persone, ma che rivendichiamo anzi come comuni.

CREDIAMO CHE LA RISPOSTA DEBBA ESSERE COLLETTIVA E NON INDIVIDUALE e così intendiamo agire: mercoledì 31, dalle ore 16, saremo in piazzale esterno, per denunciare questo ulteriore tentativo di limitazione del vivere comune.
Presenteremo la nostra memoria collettiva per poi andare tutti insieme a consegnarla al rettore.

Invitiamo tutte e tutti a esserci con i propri corpi e le proprie voci per dare la risposta più chiara possibile: nel momento in cui la governance dell’ateneo alza il tiro, cercando di fermarci con ricatti e minacce, c’è una comunità indisponibile ad abbassare la testa e cedere alle intimidazioni.

Collettivo UP-attivismo critico

N.B. chi volesse rivendicare in autonomia la propria partecipazione a questo percorso politico può stendere una memoria personale da portare al presidio o da girare all’indirizzo mail collettivoupattivismocritico@gmail.com
N.B. le realtà collettive che volessero aderire “ufficialmente” alla manifestazione, ci contattino allo stesso indirizzo o tramite la nostra pagina facebook.


QUALCHE DETTAGLIO

Cosa ci viene contestato?
Nel documento recapitato pochi giorni fa dall’ateneo viene contestata la gran parte della nostra attività degli ultimi due anni, in una ventina di “capi di imputazione”; si va dallo svolgimento di un incontro sul boicottaggio accademico delle università israeliane all’occupazione delle aule studio nel periodo in cui – causa chiusure dettate dalla “austerity” – gli studenti erano costretti a preparare gli esami sulle scale interne o sui pavimenti dell’edificio centrale, dall’organizzazione di un’iniziativa sul NO referendario (vietata perché priva di “contraddittorio”) allo svolgimento del festival multiculturale “mestizaje”, dalla promozione – lo scorso 8 marzo – di due lezioni aperte sul tema della violenza di genere alla partecipazione a semplici assemblee, discussioni, momenti di confronto.
Sono poi addebitati inesistenti “imbrattamenti” e “danneggiamenti” dei beni dell’ateneo, con la consueta tecnica della delegittimazione mediante criminalizzazione; queste false accuse troveranno risposte a breve.

Cosa ci preoccupa?
A preoccuparci non sono certo le minacce di sanzioni disciplinari.
Ciò che rende odiosa l’intera vicenda è l’ennesimo tentativo di gestione privatistica di spazi comuni, precedentemente sottratti all’uso della comunità universitaria e cittadina con la moltiplicazione delle chiusure, delle regolamentazioni, delle limitazioni.
Ci preoccupa il segnale di repressione verso chiunque metta in discussione l’autoritarismo di questa amministrazione accademica, ci preoccupa il tentativo di individualizzare rivendicazioni politiche che hanno riguardato centinaia di studenti (e non), ci preoccupa il tentativo di censurare qualunque forma di alternativa – anche quando questa si realizza in confronti e dibattiti su temi imprescindibili come l’antirazzismo o l’antisessismo -, tentativo senza precedenti nella storia recente dell’università di Trieste (non troppi anni fa attraversata da contestazioni e radicalità ben più intense di quelle che siamo stati in grado di mettere in campo negli ultimi anni).

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