Umanità nova si presenta settimanalmente in edizione cartacea come luogo di comunic/azione, di incontro, interventi e riflessioni su fatti e vicende dell’anarchismo sociale, dei movimenti libertari, antiautoritari, anticlericali, di mondo del lavoro e sindacalismo di base, azione diretta, lotte sul territorio, spazi sociali e percorsi autogestionari.
Sebbene durante il corso della sua esistenza abbia dovuto continuamente scontrarsi con innumerevoli tentativi di soffocarne la voce, continua dalla caduta del fascismo (1945) ad uscire ininterrottamente, in maniera completamente autofinanziata e grazie al sostegno politico di quanti vi hanno trovato un mezzo coerente con gli obiettivi e le pratiche antistatali ed anticapitalistiche di emancipazione e di trasformazione rivoluzionaria che via via si sono prodotti nella società e nei momenti di lotta che ancora oggi, in epoca di globalizzazione e di restaurazione autoritaria, li perseguono.
Le note di “Chega de saudade” che uscivano dalla chitarra di João
Gilberto erano qualcosa di assolutamente nuovo, mai sentito prima:
l’originale “batida” ritmica, quelle alterazioni così inusuali
nell’armonia, e poi quel suo stile di canto quasi sussurrato, così
strano che qualcuno sospettò che fosse stonato.
Ma stonato non lo era affatto e lo sapevano bene Antonio Carlos Jobim e Vinicius de Moraes, autori di musica e parole di quello e altri
capolavori che alla fine di quegli anni ’50 diedero vita alla Bossa Nova, genere musicale che rivoluzionò la musica brasiliana e influenzò le successive generazioni di musicisti brasiliani e non solo. Il decennio seguente riservava però pessime sorprese: una dittatura militare prese il potere nel ’64 e lo mantenne per venti lunghi anni.
La musica non rimase immune a questi sconvolgimenti e riuscì a
mantenersi straordinariamente vitale anche nella critica contro il
regime, pur se attaccata da una censura spietata e sotto la costante
minaccia del carcere o dell’esilio.
La repressione non riuscì a fermare la creatività di artisti geniali
come Chico Buarque, Caetano Veloso, Gilberto Gil, Milton Nascimento e João Bosco che, “ubriachi” di libertà, osavano alzare la voce contro la dittatura con la loro musica e la loro poesia regalandoci opere di eterna bellezza, dando corpo ai sogni di un popolo, tenendo viva la speranza, esprimendo straordinaria abilità nell’aggirare la censura fino a prendersene gioco, certi che “domani sarà un altro giorno”.
La spensieratezza delle giornate trascorse sulla spiaggia di Ipanema
diventava un ricordo sempre più lontano, ma restava intatta la volontà di far passare quei tempi bui e soffocanti, magari sulle note di una canzone ad incalzante ritmo di samba: “Vai passar”…