Di questi tempi sembrerebbe che nulla possa più stupirci in tema di repressione da parte degli apparati statali, ma quello che è successo la mattina del 25 aprile a Trieste è andato oltre le distopie più fantasiose.
Partiamo dall’inizio: due settimane fa il collettivo Burjana lancia un corteo antifascista che da campo San Giacomo avrebbe dovuto arrivare fin davanti la Risiera di San Sabba, luogo dove da sempre si ritrovano gli antifascisti e le antifasciste di ogni tendenza, anche coloro che – come noi e molt* altr* – disertano la triste e rituale cerimonia istituzionale. Pochi giorni fa la Questura vieta in toto la manifestazione. Il motivo è che il corteo sarebbe arrivato davanti la Risiera e quindi per “salvaguardare” la cerimonia ufficiale andava vietato. Non deviato, spostato o ritardato…vietato in toto, alla faccia della libertà di manifestare. Per paura di chissà cosa – motivi di “safety and security” recitano le carte ufficiali – si decreta che un gruppo di antifascist* non può accedere ad uno dei luoghi simbolo della tragedia nazifascista nel giorno della Liberazione. Avanguardia pura.
Nonostante l’assurdo schieramento delle forze del disordine presenti in campo San Giacomo fin dalla prima mattina, un centinaio di persone decide comunque di partire per raggiungere come previsto la Risiera, camminando sui marciapiedi per non dare il pretesto alla Digos di far partire altre denunce e multe. Qui avviene il primo siparietto surreale: antifascisti e antifasciste che camminano sul marciapiede e polizia e carabinieri che chiudono le strade in assetto antisommossa, causando un bell’ingorgo del traffico. Arrivati nei pressi della Risiera, antifascisti e antifasciste vengono confinat* in una via laterale, con la polizia che non solo chiude tutta via Valmaura, ma blinda l’accesso davanti alla Risiera con le camionette, limitando l’accesso anche alla cerimonia ufficiale e deviando le persone in arrivo sugli accessi sul retro fino a bloccarli del tutto per “raggiunta capienza”. Un intero quartiere paralizzato per impedire che un corteo antifascista manifestasse il 25 aprile. Questa situazione di stallo va avanti per oltre un’ora, con un numero sempre maggiore di solidali che si ferma di fronte ai cordoni della celere: cori, canti, slogan e sfottò per una gestione della piazza sempre più grottesca e ridicola.
Ad un certo punto spunta l’arma segreta dell’antifascismo militante: un pallone giallo!
Inizia così il primo torneo di pallavolo antifascista della nostra città. Ai due lati del cordone poliziesco l’agonismo è al massimo. Alla fine il punteggio è impietoso e decreta la strabordante vittoria dei compagni e delle compagne rispetto alla compagine poliziesca. Questa bruciante sconfitta non viene presa sportivamente da polizia, carabinieri e guardia di finanza, che prima sequestrano il pallone e poi elargiscono un po’ di manganellate a caso. Alla fine la situazione si sblocca e una Digos al limite dell’esaurimento nervoso finalmente fa rimuovere i cordoni e si riesce ad arrivare davanti alla Risiera.
Questa giornata allucinante, che per fortuna ha visto il sangue freddo e l’ironia prevalere sulle provocazioni sbirresche, segna un ulteriore innalzamento delle restrizioni a manifestare nella nostra città. È problema collettivo sempre più urgente, che va affrontato da tutte le componenti di movimento, sia da chi come noi lotta per una trasformazione sociale radicale, sia da chi crede ancora nello stato di diritto e nella democrazia. L’arroganza della Questura nel limitare, se non proibire, con scuse sempre più assurde, la libertà di manifestare a Trieste va denunciata con forza, trovando i modi di affrontarla, ridicolizzarla e respingerla. Quello che è successo oggi non deve più ripetersi.
Sarà un pallone che vi seppellirà!
Gruppo Anarchico Germinal