Di seguito i due documenti usciti dall’Assemblea antimilitarista tenutasi il 12 febbraio a Reggio Emilia e a cui hanno partecipato anche alcuni nostri compagni.
Contro tutte le guerre, per un mondo senza eserciti e frontiere.
È trascorso un anno da quando la guerra è tornata ad infuriare nel cuore dell’Europa, con un coinvolgimento diretto del nostro paese. Il governo italiano si è schierato in questa guerra inviando armi, moltiplicando il numero di militari impiegati in ambito NATO nell’est europeo e nel Mar Nero, aumentando la spesa bellica sino a toccare i 104 milioni di euro al giorno.
Dal quel 24 febbraio è partita una corsa al riarmo su scala globale, perché la guerra in Ucraina ha nel proprio DNA uno scontro interimperialistico di enorme portata.
Il rischio di una guerra devastante su scala planetaria è sempre più forte. Il prezzo di questa guerra lo pagano le popolazioni ucraine martoriate dalle bombe, dal freddo, dalla mancanza di medicine, cibo, riparo.
Lo pagano le popolazioni russe, sottoposte ad un embargo devastante. Lo pagano oppositori, sabotatori, obiettori e disertori che subiscono pestaggi, processi e carcere.
Lo paghiamo noi tutti stretti nella spirale dell’inflazione, tra salari e pensioni da fame, fitti e bollette in costante aumento.
La guerra in Ucraina è solo un tassello di un mosaico molto più complesso.
Lontano dai riflettori tante altre guerre investono vaste aree del pianeta, dove gli interessi scatenati dalla crisi energetica e dalla voracità per le materie prime innescano una sempre maggiore spirale di violenza. In Africa, dove l’Italia è impegnata in 18 missioni militari, la bandiera con il cane a sei zampe dell’ENI sventola accanto al tricolore.
Nel Mediterraneo la guardia costiera libica rifornita di mezzi e foraggiata dal governo italiano respinge i migranti in viaggio verso le frontiere chiuse dell’Europa. Le leggi varate dal governo Meloni contro le navi delle ONG servono a rendere più difficile il salvataggio dei naufraghi.
Mentre la guerra rende sempre più precarie le nostre vite, il business delle armi non va mai in crisi. Anzi. I profitti dell’industria bellica sono in costante aumento e si moltiplicano gli investimenti nella ricerca con un coinvolgimento sempre più forte delle università.
Giocano la carta del ricatto occupazionale, facendo leva su chi fatica ad arrivare a fine mese.
Occorre capovolgere la logica perversa che vede nell’industria bellica il motore che renderà più prospero il nostro paese. Un’economia di guerra produce solo altra guerra. Il benessere, quello vero, è altrove, nell’accesso non mercificato alla salute, all’istruzione, ai trasporti, alla casa fuori e contro la logica feroce del profitto.
Provate ad immaginare quanto sarebbero migliori le nostre vite se la ricerca e la produzione venissero usate per per la cura invece che per la guerra.
L’industria bellica è il motore di tutte le guerre.
In Russia e in Ucraina c’è chi rifiuta la guerra e il militarismo, chi getta la divisa perché non vuole uccidere e non vuole morire per spostare il confine di uno Stato.
Migliaia e migliaia di persone dalla Russia hanno attraversato i confini disobbedendo all’obbligo di andare in guerra, affrontando la via dell’esilio, rischiando anni di carcere.
Dal febbraio 2022 in Ucraina le frontiere sono chiuse per tutti gli uomini tra i 18 e i 60 anni. La debole legge sull’obiezione di coscienza in Ucraina è stata sospesa e le 5.000 domande di servizio civile respinte.
In Russia c’è un esodo che si è intensificato da quando il governo ha annunciato il richiamo dei riservisti.
Molti altri restano e lottano, nonostante la durissima repressione che colpisce antimilitaristi e pacifisti in entrambi i paesi.
In Ucraina c’è chi su posizioni non violente, anarchiche o femministe ha scelto di non schierarsi, di non combattere in questa guerra costruendo reti di solidarietà materiale con le vittime dei bombardamenti, con chi ha perso il lavoro o è obbligat* dalle leggi di guerra del governo Zelensky a turni massacranti spesso senza paga.
In Russia e in Ucraina c’è chi lotta perché le frontiere siano aperte per chi si oppone alla guerra.
Noi facciamo nostra questa lotta contro le frontiere, per l’accoglienza di obiettori, renitenti, disertori da entrambi i paesi.
Noi non ci stiamo. Noi non ci arruoliamo né con la NATO, né con la Russia.
Rifiutiamo la retorica patriottica come elemento di legittimazione degli Stati e delle loro pretese espansionistiche. L’antimilitarismo, l’internazionalismo, il disfattismo rivoluzionario sono stati centrali nelle lotte del movimento dei lavoratori e delle lavoratrici sin dalle sue origini. Sfruttamento ed oppressione colpiscono in egual misura a tutte le latitudini, il conflitto contro i “propri” padroni e contro i “propri” governanti è il miglior modo di opporsi alla violenza statale e alla ferocia del capitalismo in ogni dove.
Le frontiere sono solo linee sottili su una mappa: un nulla che solo militari ben armati rendono tragicamente reali.
Nel nostro paese l’opposizione alla guerra è rimasta molto forte, nonostante la propaganda militarista martellante. C’è chi, pur avendo operato per la guerra cerca di intercettare i consensi persi nelle urne. Sono i pacifisti con l’elmetto, che in occasione del primo anniversario della guerra, torneranno a fare capolino nelle strade invocando il cessate il fuoco, senza opporsi all’invio delle armi, all’uso delle basi, alle missioni all’estero, all’aumento della spesa militare.
Noi non ci stiamo. Invocare il cessate il fuoco senza opporsi al militarismo è un mero esercizio retorico.
Opporsi alle guerre, all’aumento della spesa militare, all’invio di armi al governo Ucraino, lottare per il ritiro di tutte le missioni militari all’estero, per la chiusura e riconversione dell’industria bellica, per aprire le frontiere ai disertori, agli obiettori e a tutti i migranti, è un concreto ed urgente fronte di lotta.
Per fermare le guerre non basta un no. Bisogna mettersi di mezzo. A partire dai nostri territori, dove ci sono fabbriche d’armi, caserme, poligoni di tiro, porti ed aeroporti militari.
Gettiamo sabbia nel motore del militarismo!
Scendiamo in piazza il 24 e il 25 febbraio!
Sosteniamo le manifestazioni lanciate dagli antimilitaristi a Niscemi,
Pisa, Livorno, Torino…
Assemblea antimilitarista
L’Assemblea Antimilitarista riunita a Massenzatico (Reggio Emilia) il 12 febbraio, a conclusione di un approfondito confronto sulla guerra e sulle politiche militariste, in Italia come a livello globale, ha deciso di impegnarsi sulle seguenti iniziative e campagne.
– Si individua nelle giornate del 24 e 25 febbraio, primo anniversario dell’attacco russo all’Ucraina, un momento importante della lotta alla guerra e a chi la arma. Un tassello del fronte di lotta alla guerra nella sua saldatura con la questione sociale (spese militari, carovita, etc.) e nell’opposizione all’imperialismo italiano (missioni militari all’estero). In questo senso l’Assemblea Antimilitarista lancia un appello per queste giornate, sostenendo in particolare le manifestazioni antimilitariste lanciate nelle diverse località (Niscemi, Torino, Pisa, Livorno…).
– Impegno a lanciare una Campagna a favore disertori, obiettori, oppositori e disfattisti alla guerra in Russia e Ucraina. Si decide di sostenerli con una raccolta fondi, che sarà, insieme al tema dell’accoglienza, al centro della campagna. Si individua come questione centrale nella campagna l’apertura delle frontiere.
– Ripresa della Campagna contro l’ENI e contro le missioni militari italiane all’estero dopo i convegni di Milano e Gela e la manifestazione di Milano. L’intensificazione dello scontro in Ucraina non ha certo fatto sparire la guerra da altre aree del mondo. Anzi, la proiezione neocoloniale dell’Italia, nel continente africano e non solo, continua a crescere proprio in rapporto all’intensificarsi delle tensioni globali in nome della “autonomia energetica”. Le missioni in Niger, Libia, Golfo di Guinea, Qatar e Mozambico sono solo alcuni degli esempi. Si decide di realizzare in tempi brevi un manifesto e materiali informativi
– Conferma la centralità della lotta contro le basi militari e poligoni, dalla Sicilia al Friuli alla Toscana. Per questo l’Assemblea si impegna in particolare a sostenere le iniziative di base contro i poligoni in Friuli, che negli ultimi mesi stanno crescendo. Prosegue inoltre l’appoggio alle iniziative del “Movimento No MUOS” e del “Movimento No Base né a Coltano né altrove”.
– Riconoscendo nella produzione bellica e nel mercato degli armamenti uno dei nodi centrali del militarismo, si decide di organizzare una Manifestazione nazionale contro La città delle armi e l’acceleratore di innovazione della NATO a Torino a novembre, in occasione della mostra mercato dell’industria aerospaziale di guerra (Aerospace and Defence Meeting)
– Nella crescente militarizzazione della società, si ritiene importante articolare delle campagne contro la militarizzazione del territorio, contro la militarizzazione delle scuole, dell’università e della formazione in genere, contro la guerra ai migranti sulle frontiere.
– Riconoscendo la necessità di una riflessione sull’evoluzione degli scenari di guerra nella crisi globale delle potenze, si decide di sollecitare lo scambio di articoli, analisi, documenti, in vista di un possibile convegno di approfondimento sul tema.
L’incontro si conclude fissando il prossimo appuntamento dell’Assemblea Antimilitarista per il 6 maggio a Pordenone. Si rinnova l’invito a creare assemblee antimilitariste sui territori dove non siano già attive.
Assemblea Antimilitarista
Massenzatico, 12 febbraio 2023