Martedì 4 dicembre a Opicina (TS) è avvenuto un grave incidente che ha visto coinvolti un furgone con a bordo dodici persone migranti ammassate e un’auto con tre persone locali. Mentre veniva inseguito dai carabinieri per non essersi fermato a un posto di blocco al confine,il furgone ha tamponato l’automobile. Ci sono stati 17 feriti: alcuni sono gravi.
Quanto è accaduto è solo uno dei tanti episodi che avvengono quotidianamente lungo la cosidetta “rotta balcanica”, percorso duro, pericoloso e costoso attraversato quotidianamente da persone di diversi Paesi per entrare nella “fortezza Europa”, per cercare una vita migliore o per sottrarsi a persecuzioni, guerre, catastrofi ambientali.
In questi mesi, il collo di bottiglia (cioè il punto più duro e pericoloso della rotta) è l’attraversamento della Croazia e della Slovenia. Si tratta di Paesi europei che, grazie ai finanziamenti EU, bloccano sistematicamente i migranti in rotta non permettendo la richiesta asilo, li consegnano a squadre speciali di polizia croata che li umiliano e pestano per poi respingerli oltre la fortezza (in Bosnia o in Serbia).
Questa prassi è quotidiana e documentata. Molte persone non ce la fanno a riprovare immediatamente dopo essere state respinte e rimangono così bloccate nei campi profughi in Bosnia e Serbia, costrette in condizioni terribili, alcune volte letali. Chi non viene respinto, alcune volte ce la fa, altre muore, come è successo dieci giorni fa a Nassim, di Tizi Ghneif (Al Mizan, Algeria) di 25 anni, morto annegato in Slovenia, nel fiume Reka, nei pressi di Topolc mentre scappava dalla polizia; o a Ibrahim Ahmad, di Damasco (Siria) di 44 anni, che è stato visto l’ultima volta pochi giorni fa, cadendo nel fiume Dobra tra Croazia e Slovenia. I compagni di viaggio di Nassim, sono stati picchiati e respinti in Bosnia, compreso uno che è prima stato portato in ospedale perché collassato nel vedere Nassim non riemergere dal fiume.
Tutto ciò avviene perché le persone non hanno la possibilità di muoversi liberamente in Europa, perché esistono confini chiusi il cui attraversamento legale è concesso con il contagocce a poche persone privilegiate, e per la maggior parte delle persone è impossibile. Per questo, le uniche vie che possono essere tentate per entrare nella “fortezza” sono le marce notturne nei boschi, o nascondersi sotto i camion o nei container, o ancora pagare qualcuno per dei passaggi o dei consigli (i cosidetti trafficanti o passeurs o smugglers) o ammassarsi in un furgoncino.
L’inseguimento di martedì viene da questa situazione: sarebbe potuto finire con altre morti causate dal confine.
Rifiutiamo in maniera assoluta la retorica che vuole criminalizzare per l’accaduto quelle 12 persone che si stavano giocando la vita, per ritrovarne una. A loro va la nostra solidarietà, come a tutte le persone ferite nell’incidente.
Rifiutiamo anche la retorica manipolatrice che grida all’inumanità degli smugglers via terra, cercando di additarli come il problema di questa situazione. Gli smugglers sono persone che sfruttano economicamente l’esistenza dei confini: esisteranno fino a quando esisteranno i confini e persone che vogliono attraversarli ma non possono farlo.
Il problema è che il confine è chiuso. Un confine chiuso è un pericolo per la vita di chi vuole attraversarlo. Chi arriva non è un pericolo, è una persona. Il pericolo sono i militari sul confine: è a causa dei militari sul confine che queste persone hanno rischiato di morire nell’incidente a Opicina e ogni giorno rischiano di morire nell’attraversare i confini della rotta balcanica.
[Il PD, in seguito all’accaduto, ha richiesto un inasprimento dei controlli, un turnover delle forze dell’ordine per bloccare i trafficanti di uomini, in un becero tentativo di oscurare, ancora, la realtà in cui viviamo.]
La colpa di questa situazione intollerabile è di chi esalta e chiude i confini, di chi promulga leggi razziste e costruisce lager per le persone senza documenti.
I confini uccidono ogni giorno, qui come ovunque nel mondo.
La libertà di circolazione per tutte e tutti è l’unica soluzione possibile e praticabile perché tutto questo finisca.
proti mejam! rabbia contro i confini e chi li difende! solidarietà senza frontiere!