L’idea di fare per una società ecologica
L’idea di fare un forno è l’idea di condividere un atto creativo basato sul riappropriarsi del tempo, per riempirlo con gioia di relazioni pensieri ed azioni al di fuori delle leggi di mercato.
Alla mente moderna il lavoro appare come un’attività astratta, rarefatta, un processo estraneo al concetto di auto-realizzazione. Normalmente “si va al lavoro” allo stesso modo in cui un condannato “va” in prigione. (…) Il lavoro è estraneo alla “vita vera”. Noi lo misuriamo in ore, prodotti ed efficienza. Le ricompense relative sono viste come incentivi alla sottomissione piuttosto che a quella libertà che dovrebbe accompagnare la creatività e l’auto-realizzazione. In definitiva veniamo “pagati” per lavorare supinamente e non già per ergerci in piedi eroicamente.
L’idea di fare un forno a legna è l’idea di recuperare un antico saper fare, senza dimenticarci da dove veniamo per sapere dove andare.
E’ stato dalla metà del ventesimo secolo che le operazioni di mercato su larga scala hanno invaso ogni aspetto della vita personale e sociale. La tipica relazione di mercato, la relazione compratore-venditore, diventò un surrogato universale delle relazioni umane fino al più molecolare livello della vita sociale e personale. La logica del “comprare a poco” e “vendere caro” pone le parti coinvolte in una posizione che è per sua natura antagonistica nel processo di scambio: sono potenzialmente rivali l’una per le merci dell’altra. La merce, distinta dal dono che è inteso a creare alleanze, favorire l’associazione e consolidare la socialità, conduce alla rivalità, alla dissociazione, all’asocialità.
L’idea di fare un pane biologico è l’idea di pensare ai nostri bambini e al mondo in cui abbiamo voglia oggi di farli vivere domani.
In effetti il processo lavorativo non dovrebbe essere tanto una forma di produzione quanto di riproduzione, non un atto di fabbricazione quanto di procreazione.
L’idea di auto-costruirlo è l’idea di sperimentarsi anche in campi più distanti di quelli consueti, chiamando in causa le competenze in seno alla rete amicale intesa come comunità.
Se concepiamo un mondo che la vita stessa ha plasmato nell’evoluzione – un mondo benigno, se abbiamo un’ampia visione ecologica della natura – possiamo formulare un’etica della complementarietà che si nutre di diversità, al posto di un’etica che tutela l’essenza individuale da un’alterità minacciosa e invadente. In realtà, l’essenza della vita può essere vista come un’espressione d’equilibrio piuttosto che come semplice resistenza all’entropia […]. Infine, il sé può essere visto come risultato dell’integrazione, della comunità, del mutuo appoggio, senza che ne venga in alcun modo sminuita l’identità individuale e la spontaneità personale.
L’idea di fare un seminario ad offerta libera in occasione della costruzione è l’idea di avere sempre la porta aperta a qualsiasi sfaccettatura di mondo.
Quello che è più importante è che il punto di vista ecologico conduce ad interpretare ogni relazione sociale, psicologica, naturale, in termini non gerarchici. Per l’ecologia non si può comprendere la natura se ci si pone da un punto di vista gerarchico. Inoltre, essa afferma che la diversità e lo sviluppo spontaneo, costituiscono dei fini in sé, che devono essere rispettati per se stessi.
L’idea di fare le infornate due volte a settimana è l’idea di sobrietà e recupero di una dimensione organica del tempo.
Il tempo libero è un tempo molto concreto, è una forma di tempo molto attiva e socialmente articolata. Comprende non solo la libertà dalle costrizioni dei tempi di lavoro, dall’orologio segnatempo imposto dal lavoro astratto, ma anche l’uso del tempo per essere liberi.
L’idea di fare gli impasti solo a mano è l’idea di ritornare ad un rapporto ecologico tra uomo e materia, profondamente libertario.
Un processo lavorativo, come tramite che comprende sia “il produttore” sia “la materia”, fluisce tra i due e li amalgama in un risultato comune, in cui non prevale né l’artefice, né la materia. Il lavoro sarebbe, dunque, un principio causale intrinseco alla materia in gestazione e non una forza esterna. Esso non è più, quindi, una “levatrice” dei “prodotti della natura”, ma è esso stesso “un prodotto della natura”. Come la società discende dalla natura, avendo anch’essa, al pari della mente, la sua storia naturale, così anche il lavoro discende dalla natura e ha la sua storia naturale.
L’idea di fare, dopo pensieri e parole, qualcosa che dia un senso sociale più ampio al nostro agire quotidiano, spargendo semi di coscienza libertaria pronti a fiorire nel confronto.
Infondere nuovamente le arti naturali nei mestieri artificiali è un’impresa etica volta alla riumanizzazione della psiche e alla demistificazione della tecnica. La persona completa in una società completa, la persona che vive una vita totale e non una vita frammentata: è questa una delle condizioni necessarie per l’emergere dell’individualità e del suo storico marchio sociale, l’autonomia. In una libera comunità è l’interdipendenza, non la dipendenza o l’indipendenza, a fornire i poliedrici ingredienti sociali della personalità e del suo sviluppo.
Casa Lonjer, esperienza libertaria cittadina
Murray Bookchin, pensatore utopista libertario
CASA LONJER (ESPERIENZA LIBERTARIA CITTADINA)
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