Alle 21 di sabato 17 luglio scoppiava una nuova rivolta nel Centro di Identificazione ed Espulsione di Gradisca d’Isonzo.
Non è la prima e purtroppo sappiamo che non sarà l’ultima. Nei CIE l’unico modo di sopravvivere è ribellarsi.
I fatti di sabato notte ricalcano quelli di molte altre volte: tutto parte da un tentativo di espulsione, questa volta di uno o più tunisini.
Per resistere, i reclusi salgono sui tetti delle celle, e la polizia risponde come sempre con un fitto lancio di lacrimogeni. I reclusi di un’altra area a quel punto trascinano i materassi in cortile e li incendiano e via altri lacrimogeni. E’ a questo punto che uno dei reclusi viene colpito da
un candelotto e cade nel fuoco ustionandosi in modo talmente grave che dev’essere portato in ospedale a Udine e non si hanno sue
notizie per varie ore.
Inoltre quasi sicuramente vi sono altri feriti ma non si sa quanti e come stiano.
La rivolta viene sedata solo verso le 3 di notte e anche questa volta i danni alle strutture sono molto ingenti.
Domenica il ferito, che ha ustioni sul 20% del prorpio corpo, viene riportato nel CIE, e lunedì viene visitato da un avvocato solidale, inseme ad un altro recluso. E’ chiaro che le sue condizioni sono incompatibili con la permanenza dentro il CIE e si sta cercando di capire come farlo uscire.
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