Se ho vinto se ho perso

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Lotto marzo e piazze vietate

Riprendiamo e diffondiamo da Nonunadimeno di Trieste

 

 

 

 

 

 

 

 

Due anni fa, Lotto marzo cadde nel primo giorno di lockdown. Noi eravamo sprovviste di strumenti per capire quello che ci stava avvenendo intorno e abbiamo scelto di non scendere in piazza, per autotutelarci dalla diffusione di un virus del quale sapevamo e capivamo pochissimo.

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UCRAINA: TUTTE LE GUERRE CONTRO DI NOI NOI CONTRO TUTTE LE GUERRE

Domani, sabato 26 marzo parteciperemo al presidio contro la guerra in largo barriera dalle 10.30 diffondendo il comunicato della FAI.

Di fronte al conflitto in corso in Ucraina, che vede attualmente la Federazione Russa in fase d’attacco, riaffermiamo il nostro totale rifiuto degli imperialismi degli Stati e delle coalizioni contendenti, NATO e OTSC.

Le politiche di potenza degli Stati, i nazionalismi, le piccole patrie, sono solo paraventi per nascondere lo sfruttamento delle classi lavoratrici, delle risorse, dei territori. Le ricadute di questa guerra sono estremamente gravi, in primis per le popolazioni civili delle zone interessate che si trovano da anni in una situazione di conflitto e privazione materiale.

Ma questo conflitto riguarda anche lavoratori e lavoratrici di tutta Europa, che stanno già vedendo i loro redditi falcidiati dagli aumenti dei costi dell’energia e dei beni di prima necessità, nonché dal taglio della spesa pubblica sociale a beneficio dell’aumento delle spese militari.

La guerra in corso si inserisce in uno scenario mondiale di crescente disordine a livello politico e militare. Gli Stati Uniti, sebbene rimangano ancora la prima potenza mondiale, da anni sono in evidente difficoltà tanto sul piano esterno, come dimostra la fuga precipitosa dall’Afghanistan, che su quello interno come mostrato dall’insorgenza sociale del 2020 e la ripresa del conflitto di classe.

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Basta divieti: libertà di manifestare!

La triste e al tempo stesso grottesca immagine di piazza Unità completamente blindata da centinaia di forze del disordine e decine di camionette martedì scorso ha reso chiaro il punto di paranoia securitaria a cui sono arrivate le istituzioni locali. Se infatti, da mesi, in tutta Italia vi sono restrizioni alla libertà di manifestare (precedente grave e che nulla ha a che fare con la lotta alla pandemia), in nessuna città si è arrivati al punto di proibire di fatto tutte le manifestazioni dal e nel centro città come a Trieste. Non solo l’ordinanza ha vietato qualsiasi tipo di iniziativa in quasi tutte le piazze e vie principali, ma sappiamo che la Questura ha ulteriormente esteso questo divieto a suo piacimento vietando presidi anche in luoghi fuori dall’ordinanza. La china è pericolosa e va denunciata senza esitazioni. Pochissime voci si sono alzate in questi mesi contro questa deriva repressiva. Qui non si tratta di essere contro o a favore del movimento Nogreenpass: si tratta della possibilità di manifestare nella nostra città. Se infatti, per esempio, si volesse fare una qualsiasi iniziativa in centro contro l’ovovia o contro l’osceno taglio dei distretti sanitari non si potrebbe farla, salvo essere relegati in largo Barriera, ormai diventata la “piazza sfogatoio” concessa dalla Questura. Questo non può essere accettato, e non può essere tanto meno ridotto ad un braccio di ferro fra i Nogreenpass e le istituzioni, quasi fosse una questione che riguarda solo alcuni.

La libertà di manifestare e di mobilitarsi in tutta la città dev’essere rivendicata e difesa da tutte e tutti.

Gruppo Anarchico Germinal

 

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Continuano le iniziative a difesa della Biblioteca Quarantotti Gambini

Sabato 5 febbraio una quarantina di persone ha partecipato alla conferenza stampa/sit in indetto in piazza Puecher dall’Assemblea in difesa della biblioteca Quarantotti Gambini. Come Campo Libero abbiamo sostenuto in maniera attiva dall’inizio le iniziative dell’assemblea e continueremo.

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PRESIDIO CONTRO LE MORTI SUL LAVORO

LUNEDI’ 31 GENNAIO ORE 17.30 IN LARGO BARRIERA
 
Il 17 dicembre scorso presso il molo III del porto di Trieste c’è stato un “incidente sul lavoro” costato la vita a un operaio, Daniele Zacchetti di 58 anni, uno dei troppi “incidenti” che avvengono nel nostro Paese: altri tre morti, il 18 dicembre, a Torino; altri quattro giovedì 16: 1404 morti in totale nel 2021… Nei comunicati dei sindacati si parla, giustamente, di “omicidio”. Questo ennesimo omicidio è il segnale del disprezzo nei confronti della vita di lavoratrici e lavoratori che le classi imprenditoriali, del tutto impunite, mostrano. “Da qualche mese abbiamo iniziato una vigilanza da cui risulta che 9 imprese edili su 10 non sono regolari”, ha affermato il direttore dell’Ispettorato nazionale del Lavoro, dott. Giordano. Ecco come stanno le cose.

Non solo buona parte delle imprese edili è fuori norma (e il superbonus ha peggiorato questa situazione), ma anche in altri posti di lavoro si risparmia sulla sicurezza e sulla prevenzione, così mettendo a rischio la vita di lavoratrici e di lavoratori. L’orribile morte del 18enne Lorenzo Parelli (studente di un percorso presso un Centro di Formazione Professionale) il 21 gennaio a Lauzacco (UD) -seguita da altri morti a Torino e a Roma, nel ragusano…- ha suscitato enorme sdegno e dei presìdi spontanei in tutta Italia, alcuni dei quali caricati dalla polizia.
Queste morti ci invitano ad attivarci per fare della Sicurezza sul lavoro un’emergenza nazionale! Si avvii una mobilitazione a oltranza che abbia come fine l’aumento dei controlli, delle ispezioni e degli ispettori!
Questa mobilitazione dovrebbe anche portare a riflettere sulle malefatte di un capitalismo senza vergogna che, pur in piena crisi pandemica, insiste su uno sviluppo sregolato e che non prende in considerazione il valore delle singole vite, ritenendole delle varianti senza significato nella macchina del profitto.

PRIME ADESIONI: ANPI-VZPI Trieste; Articolo Uno Trieste; Associazione culturale “Tina Modotti-ODV”; Camera del Lavoro – CGIL Trieste; FLC-CGIL; Gruppo Anarchico “Germinal”; Partito della Rifondazione Comunista; Sinistra anticapitalista; Sinistra in Comune/Levica

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Traforo sul Carso? Disboscamento a Cattinara? Ovovia? Fermiamoli con la mobilitazione dal basso

In queste ultime settimane siamo statə sommersə da notizie riguardanti vari progetti molto impattanti per il nostro territorio.

Si è partiti con il demenziale progetto dell’ovovia: 45 milioni di euro del Pnrr buttati al vento, per un’infrastruttura che non farà altro che deturpare il paesaggio del litorale carsico, senza risolvere nulla in termini di viabilità.

Si è passati poi alla notizia del previsto disboscamento della pineta di Cattinara per far posto al nuovo ospedale Burlo Garofalo. Anche questo un danno ambientale provocato da una decisione insensata e che nulla porterà in termini di benefici alla popolazione. È allucinante che, in un momento in cui siamo ancora immersi in una pandemia mondiale che ha dimostrato quanto criminali siano stati i tagli alla sanità degli ultimi decenni, si decida di spendere 108 milioni di euro per spostare un ospedale invece di investirli nel migliorare e ampliare l’esistente.

Infine, la ciliegina (rancida) sulla torta è il nuovo progetto di traforo in Carso, della lunghezza di 20 chilometri, da parte di Rete Ferroviaria Italiana per guadagnare dieci – ridiciamolo- dieci minuti di percorrenza!

Quest’ultima proposta è quella che appare più surreale: nel corso degli ultimi vent’anni già varie volte erano stati proposti progetti simili e tutti sono stati sempre sonoramente bocciati in fase di valutazione di impatto ambientale, nonché sconfessati dalle mobilitazioni territoriali. Del resto non si vede come potrebbe essere altrimenti, vista la delicata composizione idrogeologica del Carso, un unicum da preservare e non da devastare con progetti utili solo a gruppi di interesse, economici e politici, che promuovono la cementificazione.

Queste tre diverse vicende hanno come tratto unificante una visione dell’ambiente come risorsa da spremere a ogni costo per realizzare profitti. Una mentalità che non guarda ai veri bisogni delle persone ma che mira solo a far “girare l’economia”, dicendoci che questo porterà benefici per tutte e tutti quando sappiamo bene che sono solo menzogne.

Ci sono soldi da spendere per queste opere? Bene! E allora usiamoli per investire nella sanità territoriale e di prossimità, per aumentare posti letto e assumere personale, per mettere in sicurezza le scuole, per rimodernare la rete ferroviaria e il trasporto pubblico locale – a partire dalla rimessa in funzione del tram di Opicina, ormai fermo da anni – e abbassarne i costi.

Lottare contro questi scempi è doveroso: associazioni e gruppi di cittadini stanno iniziando a mobilitarsi e far sentire la propria voce e questo è senz’altro un segnale positivo. È fondamentale che chi vive un territorio possa decidere del suo destino. Ma vincere è possibile se nascono movimenti popolari che sappiano trasformare l’indignazione in rabbia concreta, fuori da ogni mediazione istituzionale e partitica, mettendo concretamente i bastoni fra le ruote agli speculatori e ai governanti.

Esempi ve ne sono, anche vicini a noi: pensiamo ad esempio ai progetti di TAV sul Carso o di rigassificatore nel Golfo.

È ora di reiniziare a mettersi di traverso.

Fermarli è possibile!

Gruppo Anarchico Germinal

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Autolesionismo e mancato soccorso nel CPR di Gradisca

In queste ultime ore, da dentro il CPR di Gradisca escono storie di violenza, autolesionismo e mancato soccorso.

Un video pubblicato su un gruppo facebook di persone tunisine in Italia mostra due persone a terra, in mezzo al sangue, dopo essersi procurate dei tagli (TW: sangue, autolesionismo). L’autolesionismo è una pratica di resistenza spesso utilizzata dai reclusi, che sono privati di ogni altra maniera di denunciare la propria situazione e rivendicare il proprio desiderio di libertà.

Dentro è un inferno, i reclusi ci raccontano che vengono trattati di merda, non escono mai dalle gabbie e non vengono portati in ospedale neppure quando i medici che li visitano nel CPR dicono che dovrebbero andarci.

In questo caso, si è dovuta aspettare più di un’ora per i due uomini che stavano perdendo molto sangue. Per ora, le voci su cosa sia successo non sono confermate.

Il deputato tunisino Majdi Karbai, che spesso ha raccontato la situazione dei tunisini in Italia, ha scritto oggi in un post di aver contattato il Garante per i diritti delle persone detenute e dei funzionari del ministero della Giustizia al fine di aprire un’indagine su quanto è successo ieri a Gradisca.

Intanto, pochi giorni fa è stato il secondo anniversario della morte di Vakhtang Enukidze, morto a un mese dalla riapertura del CPR, dopo un pestaggio poliziesco. Dopo di lui, dentro la galera etnica di Gradisca, sono morti anche Orgest Turia, nell’estate 2020, e Ezzedine Anani, il mese scorso. Ezzedine, tunisino, se non fosse morto, sarebbe stato deportato direttamente in Tunisia, come avviene con tutti i suoi concittadini che da Gradisca, bisettimanalmente, vengono rimandati nel luogo dal quale hanno scelto di andarsene.

Assemblea Nocpr-nofrontiere

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FAI: un anno di lotte e solidarietà!

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Umanità Nova, cento anni del settimanale anarchico

Nell’augurarvi un buon 2022 di lotta e libertà vi giriamo questo link al bel video prodotto dalla Federazione Anarchica Reggiana sulla storia di Umanità Nova, il settimanale anarchico che diffondiamo, che nel 2020 ha compiuto cento anni.

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