La stretta securitaria imposta dal DDL 1660 è un ulteriore tassello nel mosaico repressivo del governo. Colpi sempre più duri a chi lotta nei CPR e nelle carceri, a chi si batte contro gli sfratti, a chi occupa, a chi fa scritte su caserme e commissariati, a chi fa un blocco stradale, a chi fa azioni di picchetto e blocco sui luoghi di lavoro, a chi sostiene e diffonde idee sovversive.
La logica di classe e di repressione verso chi lotta è connaturata con l’ordinamento giudiziario democratico: i provvedimenti adottati da questo governo la rendono sempre più spudorata e violenta.
Questo ddl si inserisce nel solco già aperto da altri provvedimenti (i decreti rave, Cutro, immigrazione, Caivano) che mirano a colpire i poveri, gli stili di vita non conformi, gli stranieri senza documenti. Le misure contro la socialità non mercificata, quelle contro i profughi e i migranti, l’affondo verso i giovani, la repressione dei movimenti di lotta sono le architravi del progetto repressivo del governo.
Quest’insieme di nuove leggi rende sempre più forti i poteri di polizia, riducendo le pur esili tutele alla libertà di espressione, movimento, opposizione sociale.
Il grosso aumento delle pene, la meticolosa scelta dei soggetti da colpire e di quelli da tutelare ne sono il segno distintivo. Più galera per molti, ma non per tutti, perché la trama dei vari provvedimenti di Meloni è esplicitamente politica e di classe.
Non solo. Molte misure sono ritagliate su misura su soggetti specifici, individuati come nemici da colpire.
Si passa dallo stereotipo razzista della borseggiatrice rom sempre incinta, alla legge che impedisce di usufruire della sospensione della pena fino al compimento del primo anno di età del bambino o della bambina.
Si parte dalla criminalizzazione dei movimenti climatici, sociali e sindacali e si stabilisce la galera per chi fa un blocco stradale non violento, per chi traccia scritte su edifici istituzionali, per chi resiste a uno sfratto.
Le lotte nelle carceri e nei CPR vengono perseguite in modo più duro perché chi le attua è dipinto come costitutivamente criminale, illegale, fuori norma. A questo governo non basta massacrare di botte, privare di ogni dignità, seppellire in carcere chi dà vita a rivolte nei luoghi di reclusione.
Questo governo vuole mettere a tacere qualunque protesta, introducendo nell’ordinamento un reato collettivo, equiparato a quelli di mafia e terrorismo, che persegue anche le azioni non violente come lo sciopero della fame.
Si alimenta l’allarme sociale contro chi occupa o resiste a uno sfratto e poi si disegna una legge per reprimere chi cerca di prendersi un posto dove vivere.
Dalla criminalizzazione pubblica dell’opposizione politica e sociale scaturisce il reato di “terrorismo della parola”.
L’opposizione parlamentare, che vede scendere in piazza anche settori spesso conniventi con pratiche repressive, alla Camera si è limitata a proporre di assumere più poliziotti e secondini.
Evidentemente, più della sostanza del provvedimento, alla “sinistra” parlamentare interessa intercettare il consenso delle forze dell’ordine, che grazie al DDL 1660 stanno per acquisire nuovi privilegi e tutele.
Questi dispositivi si configurano come diritto penale del nemico, pur mantenendosi in una cornice universalista.
Il diritto penale del nemico è informato a una logica di guerra. In guerra i nemici vanno annientati, ridotti a nulla, privati di vita, libertà e dignità. Per il nemico non valgono le tutele formali riservate ai cittadini.
Quando la logica bellica si applica al diritto, alcuni gruppi umani vengono repressi per quello che sono più che per quello che fanno. L’intera azione dell’esecutivo è informata a questo principio. Un principio sulle cui fondamenta sono stati costruiti i lager nazisti e i gulag staliniani. La definizione del “nemico” interno è squisitamente politica ed è appannaggio di chi detiene il potere di decidere chi mantiene le prerogative del “cittadino” e chi ne è privato perché considerato individualmente e collettivamente incompatibile con il nuovo ordine che il governo sta costruendo.
Un ordine che non ha neppure bisogno delle famigerate “leggi eccezionali” del 1926 per colpire la libertà di scioperare, di scrivere e dire la propria, di lottare per casa, salute, libertà, dignità.
Le leggi sono il precipitato normativo dei rapporti di forza all’interno di una società. Oggi i fascisti al governo si sentono forti e giocano tutte le carte a loro disposizione per assicurarsi il totale controllo politico e il disciplinamento sociale.
Il governo effettua una manovra a tenaglia, muovendosi contemporaneamente su più fronti. Oltre al piano squisitamente repressivo, Meloni punta ad una riforma istituzionale che renda ancora più forte l’esecutivo, e persegue un’egemonia culturale, che vede la scuola, i media e il territorio come spazi di conquista.
Il fascismo sta tornando. Usano la cornice democratica per dare una secca svolta autoritaria al paese: segno che la democrazia è solo illusione di libertà e giustizia sociale.
Fermarli è possibile. Occorre rinforzare le reti ed i movimenti che si battono contro la svolta autoritaria e, insieme, mantenere fermo l’impegno contro la guerra, il militarismo, il patriarcato, le frontiere, lo sfruttamento, la devastazione ambientale, il nazionalismo.
Il tempo è ora.
La Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana – FAI
No al DDL 1660. Contro la svolta autoritaria, per la rivoluzione sociale